Clandestino, rifugiato, richiedente asilo. Un glossario per fare un po’ di ordine

Clandestino, rifugiato, richiedente asilo, ma anche termini come beneficiario di protezione umanitaria, di protezione sussidiaria, vittima di tratta e così via. Sono alcuni dei termini che riguardano i migranti, usati a volte con una accezione negativa (come appunto il termine clandestino) altre volte semplicemente a sproposito.

Non si tratta dunque soltanto del solito revisionismo terminologico alla ricerca spasmodica del politicamente corretto, ma più che altro alla ricerca del giuridicamente corretto. Nonostante i giornalisti siano invitati ormai dal 2008, grazie alla Carta di Roma siglata fra Fnsi e Ordine professionale, a utilizzare una terminologia appropriata, a volte anche sulla stampa leggiamo ancora qualche termine inappropriato. Tuttavia, un documento simile andrebbe diffuso non soltanto tra gli addetti ai lavori ma anche altrove, visto che in tempi di social tutti siamo diventati produttori e ripetitori di informazione. Facciamo dunque un po’ di ordine. Necessario e probabilmente anche urgente.

Migrante irregolare e overstayer

Partiamo dalla parola politicamente scorretta per eccellenza: clandestino. Il termine indica chi lascia il proprio Paese per motivi di vario tipo, più o meno legittimi, purché lo faccia eludendo i controlli di frontiera, cioè in maniera appunto clandestina.

Rientra nella categoria anche chi sia entrato regolarmente nel Paese di destinazione, ad esempio con un visto turistico, e vi sia rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto overstayer) o non ha lasciato il territorio del Paese di destinazione a seguito di un provvedimento di allontanamento. Tuttavia, dato che la parola clandestino ha assunto molto spesso un’accezione dispregiativa e xenofoba, si preferisce utilizzare il termine migrante irregolare.

Flussi migratori misti

C’è da dire che sulle vie irregolari spesso si inseriscono soggetti di diverso tipo, dai migranti economici ai richiedenti asilo e rifugiati o vittime di tratta, utilizzando rotte e mezzi di trasporto gestiti dalle bande criminali che da queste attività traggono grandi profitti. Le rotte irregolari si configurano dunque quasi sempre come flussi migratori misti. Per questo motivo è necessario, dopo il salvataggio e la prima assistenza, verificare caso per caso e decidere su eventuali rimpatri o meno. Ma vediamo più da vicino queste categorie di migranti.

Richiedente asilo

Il richiedente asilo è colui o colei che emigra in un’altra nazione presentando domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato o per ottenere altre forme di protezione internazionale. Fino al momento della decisione finale da parte delle autorità competenti, il richiedente asilo ha diritto di soggiorno nel Paese competente per l’esame della sua domanda, anche se sia arrivato senza documento e in modo irregolare.

Rifugiato

Se la domanda riguarda lo status di rifugiato e questa viene accolta, allora diventa a tutti gli effetti un rifugiato, ne acquisisce lo status. Ma chi è il rifugiato? La definizione si trova nella Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, di cui l’Italia è uno dei 147 Paesi firmatari. Nell’articolo 1 della Convenzione, viene definito come una persona che, “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale Paese”.

Non rientrano nella categoria soltanto i rifugiati politici, dunque, ma la Convenzione allarga lo spettro anche ad altre cause di discriminazione. Lo status di rifugiato viene quindi riconosciuto a chi ha un ragionevole timore di poter essere, in caso di rimpatrio, vittima di persecuzione, senza necessariamente una condanna a morte o sentenze simili alle spalle. Rientrano nel termine “persecuzione” determinati atti, che per loro natura o frequenza, rappresentano una violazione grave dei diritti umani fondamentali, e sono perpetrati per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale.

Beneficiario di protezione sussidiaria

La protezione sussidiaria è una forma di protezione internazionale introdotta più di recente dalla normativa dell’Unione Europea come ulteriore forma di protezione rispetto allo status di rifugiato, che presuppone una persecuzione individuale. La protezione sussidiaria riguarda invece una condizione di rischio generalizzata, non riferita a un singolo individuo o gruppo di soggetti. Viene riconosciuta cioè nei casi in cui un richiedente asilo non può essere rimpatriato nel suo Paese di origine, poiché sarebbe a rischio di subire un danno grave, a causa di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto.

Inoltre, può essere riconosciuta la protezione sussidiaria in caso di pericolo di subire la tortura, la condanna a morte o trattamenti inumani o degradanti per motivi non previsti dalla citata Convenzione di Ginevra.

Beneficiario di protezione umanitaria

Ci sono ulteriori casi per i quali non sia consigliabile provvedere a un rimpatrio, per esempio per chi necessiti di una forma di protezione o assistenza in quanto particolarmente vulnerabile sotto il profilo medico, psichico o sociale e che nel suo Paese non riceverebbe le cure necessarie, rischiando di fatto la propria vita.

Per questi motivi o situazioni simili, si può concedere la protezione umanitaria, che è una terza forma di protezione internazionale. Un beneficiario di protezione umanitaria, dunque, è colui che, pur non rientrando nello status di rifugiato né nella casistica di protezione sussidiaria europea, ottiene il diritto di rimanere nel Paese ospite ricevendo le cure necessarie, per ragioni appunto umanitarie. 

Vittima di tratta

Il volto più oscuro dell’immigrazione è la tratta di esseri umani. Stiamo parlando di persone inserite nel flusso migratorio con la forza, con il ricatto o con l’inganno, in ogni caso una forma di coercizione, di violenza. Siamo qui di fronte a una vittima della tratta.

Scopo della tratta è ottenere il controllo su di un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per sfruttamento non si intende esclusivamente quello relativo alla prostituzione, benché il più diffuso, ma anche altre forme di sfruttamento sessuale, come pure il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento fino addirittura al prelievo degli organi. Vittime di questo commercio infame non sono soltanto le donne ma anche i bambini o ragazzi e giovani.

 

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